di Giancarla Perotti
In occasione della ricorrenza dei cinquanta anni dalla morte del grande filosofo e teologo Jacques Maritain, (18/11/1882 – 28/4/1973) la scrittrice Giancarla Perotti, fondatrice del Centro Ricerche Personaliste Raïssae Jacques Maritain, condivide con noi una riflessione sulla vita e il messaggio di questo grande pensatore che, lungi dall’essere relegabile al suo periodo storico, mantiene nelle sue pagine una profonda attinenza con la modernità.
La formazione del pensiero
Cinquant’anni fa a Tolosa presso la Comunità dei Piccoli Fratelli di Gesù, di cui faceva parte dal 1970, precisamente il 28 aprile 1973 è morto uno dei più grandi esponenti del tomismo del XX secolo: mi riferisco al pensatore Jacques Maritain. Egli aveva 91 anni ed era ancora impegnato nel lavoro di filosofo nella sua ultima opera dal titolo Approches sans entraves (J. Maritain 1973) di cui stava correggendo le bozze. Tale opera infatti uscì postuma alcuni mesi dopo la sua dipartita.
Jacques Maritain nasce in una famiglia protestante, ma non praticante. Inizialmente ateo, giunge col tempo alla fede cattolica che professerà poi con convinzione e forte coerenza. Egli si convertì alla Chiesa cattolica grazie all’incontro con lo scrittore cattolico più furioso d’Europa, Léon Bloy che fu anche il suo padrino di battesimo.
Dopo il liceo, nel 1900, si iscrive all’Università della Sorbona in cui si respira un clima culturale simile a quello dei nostri giorni, dove prevale il relativismo, corrente che nega la possibilità di pervenire a verità assolute.
Nel 1901 Jacques incontra Raïssa Oumançoff, che diventerà presto sua moglie e compagna di vita; anch’essa atea, si sposano dopo tre anni. Jacques e Raïssa sono tutti e due animati da un forte desiderio di ricerca della verità che dia un senso alla loro vita e li aiuta ad abbandonare la delusione del pensiero positivista.
Maritain ha superato tantissime polemiche con gli uomini della cultura, della politica e della religione del suo tempo, che diverse volte lo avevano aggredito per la schiettezza delle sue posizioni sui problemi più delicati della storia contemporanea. Egli era fiero della sua indipendenza e del suo amore per la verità ininterrottamente ricercata e professata.
Nella prefazione al suo libro Ricordi e appunti si presentava così:
Che sono io dunque? Mi domandavo allora. Un professore? Non lo credo; ho insegnato per necessità. Uno scrittore? Forse. Un filosofo? Lo spero. Ma anche una specie di romantico della giustizia troppo pronto ad immaginarsi, a ogni combattimento, che fra gli uomini sorgerà senz’altro il giorno della giustizia come della verità. Forse sono anche una specie di rabdomante con l’orecchio incollato sulla terra, per captare il mormorio delle sorgenti nascoste, l’impercettibile fruscio delle germinazioni invisibili. E forse, come qualsiasi cristiano, nonostante le paralizzanti miserie e debolezze e tutte le grazie tradite di cui prendo consapevolezza alla sera della mia vita, sono anche un mendicante del cielo travestito da uomo del nostro secolo, una specie di agente segreto del Re dei Re nei territori del principe di questo mondo, un agente segreto che si assume i propri rischi a somiglianza del gatto di Kipling girovagante tutto solo.
Al collegio cattolico Stanislao, dove svolse la sua prima esperienza didattica i suoi colleghi tradizionalisti rimasero scandalizzati, non solo per le sue parole ma anche per la peculiarità di quel suo carattere deciso, dolce di cuore ma duro di testa, che lo accompagnerà per tutta la vita e caratterizzerà la personalità di Maritain. La moglie Raïssa descrive le lezioni di filosofia di Jacques riferendo aspetti attuali anche oggi per molte scuole che si qualificano come cattoliche:
In ottobre Jacques cominciò il primo anno del suo corso di filosofia al collegio Stanislao. […] Gli inizi del suo corso allo Stanislao non furono facili. Aveva deciso di fare della filosofia di Aristotele e di San Tommaso il centro del suo insegnamento; ma il tomismo sembrava all’amministrazione del collegio, agli studenti ed alle famiglie, singolarmente dannoso per il successo finale degli studenti agli esami di diploma, cui si limitava tutta l’ambizione del pensiero (dopo il diploma sarebbe venuta la carriera, che importava assai più delle convinzioni filosofiche). Il direttore del collegio, il canonico Pautonnier, guardava Jacques con occhio preoccupato. Era il canonico Pautonnier che gli diceva con sorridente insistenza: «Mio caro amico, passerà, passerà questo ardore di neofita…»
Ma Jacques qualche anno dopo, in risposta alla provocazione di Pautonnier, nella prefazione dell’Antimoderno, scriveva:
Non è passato, al contrario è diventato col tempo più tenace e più determinato, perdendo, almeno lo spero, l’inutile asprezza della gioventù e dell’inesperienza.
Anche oggi costatiamo che il tomismo non va di moda e tanto meno chi mette il tomismo al centro del suo pensiero.
I Circoli tomisti
O Sapientia […] veni ad docendum nos viam prudentiae
Durante tutta la loro lunga vita, in Francia, in Italia, come in America, i Maritain hanno sempre animato, nella loro casa, gruppi di studio. Sono stati per vocazione iniziatori di circoli tomisti e questo lavoro di promozione intellettuale non era un compito facile, perché sapevano di dovere contrastare coloro che asserivano che tali insegnamenti nulla avessero a che fare con la vita. Ma, come suggerisce Piero Viotto (P. Viotto, Introduzione a Maritain), gli studi di Maritain nascono attraverso una riflessione sull’esperienza. «Il tomismo usa la ragione per distinguere il vero dal falso, non vuole distruggere ma purificare il pensiero moderno […] Il tomismo è una saggezza. Tra lui e le forme particolari della cultura debbono regnare scambi vitali incessanti, ma in se stesso nella sua essenza è rigorosamente indipendente da queste forme particolari» scriverà Maritain. Al primo posto delle loro attività infatti primeggiava la diffusione della filosofia di San Tommaso nei diversi campi del sapere, dalla politica all’estetica.
Il pensiero filosofico tomista di Jacques e Raïssa Maritain lo troviamo principalmente in due volumi, il primo di Jacques Il dottore Angelico presenta le grandi linee del pensiero di San Tommaso a confronto con la filosofia moderna, il secondo di Raïssa L’Angelo della scuola è una biografia dell’Aquinate scritta per i bambini e illustrata con disegni del pittore Severini. Siamo nel 1930, proprio nella prefazione al volume di Jacques possiamo leggere le linee basilari del tomismo da lui delineate:
C’è una filosofia tomista, non c’è una filosofia neo-tomista. Il tomismo non vuole essere un ritorno al medioevo. Il tomismo usa la ragione per distinguere il vero dal falso, non vuole distruggere ma purificare il pensiero moderno e integrare tutte le verità scoperte dai tempi di S. Tommaso. Il tomismo non è né di destra né di sinistra. Il tomismo è una saggezza. Tra lui e le forme particolari della cultura debbono regnare scambi vitali incessanti, ma in se stesso nella sua essenza è rigorosamente indipendente da queste forme particolari. Giudicare il tomismo come un abito usato che si portava al XIII secolo e oggi non si porta più, è ritenere che il valore della metafisica sia una funzione di un certo tempo, e un modo di pensare propriamente barbaro. È un modo puerile giudicare la metafisica in funzione di uno stato sociale da conservare. La filosofia di S. Tommaso è in se stessa indipendente dai dati della fede e nei suoi principi e nella sua struttura non si rifà che alla esperienza e alla ragione, per cui questa filosofia, pur restando perfettamente distinta è in comunicazione vitale con la saggezza superiore della teologia e con la saggezza della contemplazione.
A questo giudizio espresso sul valore e sul significato della filosofia tomista Maritain resterà fedele durante tutta la sua ricerca confermandolo ripetutamente nelle opere successive fino al suo ultimo lavoro, già citato, Approches sans entraves del 1973, nel quale è anche presente il concetto all’autonomia del sapere filosofico pur nel suo collegamento con tutte le altre discipline.
I Maritain intanto avevano fatto della loro casa a Meudon, un centro di incontri e di dibattiti culturali ed è proprio da tali incontri che nascono i circoli tomisti per approfondire lo studio della filosofia scolastica. I circoli erano frequentati da filosofi, teologi, letterati pittori, scultori, musicisti alcuni di loro anche atei, e con ognuno hanno intessuto storie di profonda amicizia.
Si può conoscere l’attività dei Maritain nel libro Ricordi e appunti, scritta da Jacques:
Fu dunque a Meudon, come già dissi, che si svilupparono i circoli tomisti e i loro ritiri annuali. Anno per anno venne aumentando il numero dei partecipanti al ritiro ed anche quello di coloro che assistevano alle riunioni mensili. (Negli ultimi anni parteciparono ai ritiri circa due-trecento persone). Questi circoli di studi tomisti si diffusero anche all’estero, soprattutto in Inghilterra, sotto la presidenza di Richard O’Sullivan, e poi in Svizzera, in Belgio… Quando adesso mi capita di ripensare agli anni di Meudon, non so capacitarmi di come facessimo a sopportarne tutte le fatiche. Oltre alla preparazione dei corsi che tenevo annualmente all’Institut Catholique e dei miei libri (senza parlare delle conferenze all’estero), oltre al tempo dedicato agli amici vecchi e nuovi, che costituivano la nostra grande consolazione, ai visitatori sconosciuti che giungevano con speranze imprecisate e che bisognava soprattutto ascoltare, alle conversioni, ai battesimi, alle vocazioni religiose – cose alle quali non ebbi mai l’empietà di dar la caccia: non erano affar nostro, bensì opera della grazia e qualche volta di consiglieri troppo frettolosi; tuttavia non bisognava mai sottrarvisi.
In realtà, i Maritain non si occupavano esclusivamente dei circoli tomisti e dei ritiri, ma avevano tante altre attività, anche quelle che scherzando chiamavano esoteriche. Si trattava di incontri ristretti dove si discutevano tematiche filosofiche complesse. Molte riunioni terminavano purtroppo senza portare a risultati concreti, altre venivano fatte con la finalità di costituire una società di filosofia della cultura, altre per fondare una società della filosofia della natura. Quest’ultime portarono frutti; si costituì la società che inizialmente prese un buon avvio, pubblicando anche tre o quattro libri di valore, ma poi in seguito ai conflitti politici sorti fra i suoi membri si estinse.
Sul nome di Maritain erano piovuti troppi malintesi, tanti gruppi lo volevano dalla loro parte, ed ecco che egli scrive la Lettera sull’indipendenza:
Il filosofo ha una qualche utilità fra gli uomini solo se rimane tale. Ma rimanere filosofo e agire come filosofo, obbliga a tenere ferma in ogni caso la libertà della filosofia ed in particolare ad affermare a tempo e a contrattempo l’indipendenza del filosofo di fronte ai partiti quali che essi siano. Siano essi di destra, di sinistra, non appartengo ad alcuni di essi. L’indipendenza del filosofo è voluta dalla natura propria di un sapere che di per sé è una saggezza e che, anche quando si riferisce nel modo più diretto al contingente, lo domina sempre; l’indipendenza del filosofo testimonia la libertà dell’intelletto di fronte all’istante che passa. L’indipendenza del cristiano testimonia la libertà della fede di fronte al mondo. È tutto l’opposto di una fuga o di una evasione; tutto l’opposto di una defezione davanti al dramma dell’esistenza e della vita, di un rifugio in una curiosità da ‘spettatore’ disinteressato. Si tratta di un impegno tanto più reale e profondo quanto più la libertà interiore è intatta.
Per Maritain la posizione dell’educatore impegnato negli istituti scolastici, non deve mai essere svolta da un uomo di parte.
Nel 1953 in una conferenza tenuta al Graduate College dell’Università di Princeton, Maritain ritornerà sull’argomento del filosofo nella società, puntualizzando quali siano le due grandi funzioni del filosofo nella società. Queste ultime riguardano la verità e la libertà.
Il filosofo, che dedicandosi al suo compito speculativo, affranca la sua attenzione dagli interessi degli uomini, o del gruppo sociale, o dello Stato, ricorda alla società il carattere assoluto ed inflessibile della Verità. Per quanto riguarda la Libertà, egli ricorda alla società che la libertà è la condizione stessa dell’esercizio del pensiero.
Maritain nonostante non fosse stato mai iscritto a un partito e avesse dichiarato apertamente la sua indipendenza dai diversi gruppi politici dovette difendersi da fraintendimenti e incomprensioni, da chi tentava di strumentalizzare il suo pensiero, che invece rimarrà indipendente fino alla fine.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
JACQUES MARITAIN: Approches sans entravers, Fayard, Paris 1973; Ricordi e Appunti, Morcelliana, Brescia 1967; Le Docteur Angélique, Paul Hartmann, Paris 1929; Antimoderne, Édition de la Revue des Jeunes, Paris 1922; Lettre sur l’indépendance, Desclée de Brouwer, Paris 1935; Il filosofo nella società, (1960) Morcelliana, Brescia 1976.
RAÏSSA MARITAIN, Ou Saint Thomas d’Aquin raconté aux enfants, Alsatia, Paris 1957.
GIANCARLA BARRA PEROTTI Amore e Giustizia nel pensiero di Jacques Maritain, Il Cerchio, Rimini 2009.
PIERO VIOTTO Introduzione a Maritain, Laterza, Roma-Bari 2000.